Cosa succede con degli immobili privi di titolo edilizio e paesaggistico?
Se le opere risalgono agli anni ’50, come affermano ad esempio i conoscitori dei luoghi, e pertanto erano state realizzate in epoca antecedente all’introduzione dell’obbligo del previo rilascio del titolo edilizio, la prova circa il tempo di ultimazione delle opere edilizie è posta sul privato, atteso che solo il privato può fornire (in quanto ordinariamente ne dispone) inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto.
Tale prova deve essere rigorosa e deve fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi.
Secondo il TAR della Campania, a tal fine, non hanno rilevanza le dichiarazioni di atto sostitutivo di notorietà o le semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate. Pertanto, i principi di prova oggettivi concernenti la collocazione dei manufatti tanto nello spazio, quanto nel tempo, si rinvengono nei ruderi, fondamenta, aerofotogrammetrie, mappe catastali, restando la prova per testimoni del tutto residuale.
In merito alla questione, i giudici hanno precisato che se è vero che l’onere della prova grava sul privato, è anche vero che sull’amministrazione grava comunque l’onere di adeguata istruttoria relativamente all’epoca di realizzazione del manufatto ai fini dell’individuazione del regime giuridico applicabile.
Pertanto, qualora la parte onerata abbia fornito sufficienti elementi probatori a sostegno delle proprie deduzioni, pure ove non sia raggiunta la certezza processuale sulla datazione delle opere contestate, spetta alla parte pubblica fornire elementi di prova contraria – idonei a supportare il proprio assunto, alla base dell’impugnato ordine demolitorio, in ordine all’abusività delle opere sanzionate, in mancanza dei quali il provvedimento ripristinatorio deve essere annullato per difetto di istruttoria.
Alla luce di tali considerazioni, è necessario distinguere a seconda che:
1. il privato abbia fornito elementi probatori che consentano con certezza di escludere l’abusività delle opere in contestazione, trattandosi di manufatto realizzato anteriormente all’introduzione dell’obbligo di previo rilascio del titolo autorizzativo;
2. il privato abbia fornito elementi rilevanti ai fini del decidere, idonei a rendere verosimili le proprie allegazioni, ma tali da non consentire la sicura datazione del manufatto privo di titolo edilizio; ciò, a fronte di una condotta inerte dell’Amministrazione, che abbia omesso di valutare adeguatamente in sede amministrativa gli elementi forniti dal privato, astenendosi dall’illustrare le ragioni della loro inconferenza, e, comunque, abbia omesso di fornire elementi di prova contraria idonei a smentire le avverse allegazioni.
Nel primo caso, sarebbe possibile formulare direttamente in sede giurisdizionale un giudizio di spettanza del bene della vita in capo alla parte ricorrente, accertando la fondatezza della pretesa sostanziale alla conservazione dell’opera sebbene carente di titolo abilitativo.
Nel secondo caso, sarebbe possibile riscontrare un difetto di istruttoria inficiante l’azione amministrativa, avendo l’Amministrazione ritenuto necessario il previo rilascio del titolo abilitativo e, dunque, ravvisato l’abusività delle opere sine titulo eseguite, nonostante l’esistenza di un serio e apprezzabile dubbio (posto dagli elementi forniti dal privato e non adeguatamente confutati dall’Amministrazione) sulla datazione del manufatto; dubbio che avrebbe potuto essere rimosso soltanto per mezzo di un’istruttoria amministrativa adeguata, tesa a collocare le opere in un periodo temporale successivo all’introduzione dell’obbligo di previo rilascio del titolo edilizio.
Casareale
il ha detto
Interessante!
Bea
il ha detto
Veramente interessante
Giovanni
il ha detto
Molto interessante